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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Bene attualizzato: sia fatta la tua volontà sacrificale.
Come Gesù corregge il peccare, così noi. Non con la speranza
di un buon effetto, ma nella certezza di far uscire
dalla egoisticità ipocritale la progressione dell’odio:
comune, religioso, ecclesiale, dirigenziale, ufficiale.
Delicata la mia verso il basso, forte la volta alla pari,
temibile quella verso l’alto. Ne diamo la sintesi.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova.
Tocca la preghiera del dire egoisticale ed ecco uscir fuori
la preghiera del fare sacrificale. Al fare sacrificale ci si
accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Preghiera sacrificale, da dire e da fare. Bene appellato e
collocato. Bene augurato e perorato; bene attualizzato: Sia
fatta la tua volontà sacrificale come in cielo così in terra.
È la volontà divina Paterna.
Vuole il sacrificale suo celeste.
Vuole il sacrificale suo terrestre. Raggiunta la persona,
Satana la mette in malattia, e la avvia alla morte dell’amore
che il Padre vuole per accettazione.
Unica è la sua finalità: salvare morendo, per quella regola
metamorfosale insita nel sacrificale, vissuto alla maniera
divina. Il sacrificale suo è il peccare nostro.
Al sacrificale suo do l’adorazione, al peccare umano do la
correzione.
*) L’ha fatto Gesù con due gruppi di persone denominati:
scribi e farisei. Il peccare di queste persone religiose era
l’ipocrisia: gravissima malattia religiosa propria di chi
nasconde il marcio morale, con una maschera religiosa
esterna. Gesù ha snidato, ha snudato e ha smascherato la
loro ipocrisia: mentale, verbale e azionale.
Ha inculcato il trattamento da riservare ad essi: lasciateli,
sono ciechi, guide di ciechi; e ne ha preannunciato la sorte
rovinosa: la sorte degli ipocriti.
Chiamati a correggere (e a lasciarsi correggere) il fratello
che pecca contro di noi, non possiamo che imitare la correzione
di Gesù.
Quando io correggo il mio fratello ho la speranza di porgere
un valido aiuto esterno all’azione interiore dello
Pneuma. Gesù non era sorretto da quella speranza, ma
dalla certezza della inefficacia di quella correzione.
Lui sa in partenza che la loro ipocrisia è insolubile: non si
può sciogliere.
Perché allora ha tanto insistito nella loro correzione? Il
Padre per accettazione ha voluto la radicalizzazione della
loro ipocrisia religiosa.
Il Figlio l’attacca e la aggredisce in ogni sua espressione,
per ottenere infallibilmente un suo ambitissimo risultato:
la fuoriuscita di tutto l’odio che si è condensato nella loro
egoisticità religiosa.
È l’egoisticità religiosa che accumula l’odio religioso.
Quel massimo di ipocrisia ha dato il massimo di odio. In
questa progressione: con la sua correzione accende l’odio
comune. Quello che alimenta è religioso.
Quello che dilaga è ecclesiale. Quello che divampa è dirigenziale.
Quello che lo annienta è ufficiale.
Correggendo ottiene l’odio ecclesiale necessario al suo
sacrificale di croce. Correggendo, io non so quale risultato
otterrò. Non per questo rinuncio alla correzione.
1) Sono delicatissimo verso il basso. Per me sono i fanciulli;
non per paura di perderli, ma perché non vorrei
che avessero in odio colui nel nome del quale correggo:
il Padre.
2) Verso la parità sono forte, attraverso la parola che
risuona nelle mie labbra.
3) Verso l’alto, vicino o lontano, sono terribile, perché là
l’ipocrisia è meno scusabile. In alto c’è una regola in
atto: colpire senza farsi vedere. Uccidere la gallina
senza farla starnazzare. Quel colpo non riesce perché il
Padre lo svuota. Era una pugnalata alla schiena condotta
con arte ipocrita.
Si tenta e si ritenta. Alla fine si passa alla stretta minacciosa.

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