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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Bene attualizzato: sia fatta la tua volontà sacrificale.
Presa reitaria viene dal sentire. Cosa è: atto spirituale che
mi dice la presenza dell’amore Paterno. Quando me lo dà:
a ogni tocco che va in immersione nella pienezza dell’amore.
Mi dice se è per o contro di me.
Perché me lo dà: per un servizio imposto da Satana: far
affluire il piacerale e deviare il sacrificale. Come trattarlo:
annientarlo smascherando il sentire e uccidendolo con
la morte dell’amore.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova.
Tocca la preghiera del dire egoisticale ed ecco uscir fuori
la preghiera del fare sacrificale. Al fare sacrificale ci si
accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Preghiera sacrificale, da dire e da fare.
Bene appellato e collocato. Bene augurato e perorato;
bene attualizzato: Sia fatta la tua volontà sacrificale come
in cielo così in terra.
È la volontà divina Paterna. Vuole il sacrificale suo celeste.
Vuole il sacrificale suo terrestre.
Raggiunta la persona, Satana la mette in malattia, e la
avvia alla morte dell’amore che il Padre vuole per accettazione.
Unica è la sua finalità: salvare morendo, per quella
regola metamorfosale insita nel sacrificale, vissuto alla
maniera divina.
Il sacrificale suo è il peccare nostro. Al sacrificale suo do
l’adorazione, al peccare umano do la correzione.
Per questo vuole pure il nostro.
*) Quello attivo: ‘Rinneghi se stesso’: negarmi continuamente
la mia egoisticità. È un prodotto dell’amore egoisticale,
ed è la risultante del mio fare egoisticale, e regola
tutto il mio agire successivo. In essere non è bloccabile.
Solo nel fare. Duplice:
1) La presa meitaria: mi amo vivente.
2) La presa reitaria (delle cose): con essa mi faccio come
l’amore per me mi vuole: grande, potente, gaudente.
Col mio sacrificale attivo blocco la presa meitaria: lo faccio
disponendomi alla espropriazione totale che si compirà
nel sacrificio fisico finale.
Blocca la presa reitaria non prendendo per me. La presa
reitaria: delle cose e delle persone, fuoriesce sempre e solo
dal mio sentire.
1) Cos’è? Non è un atto sensibile. Quindi non è udire e
mano ancora ascoltare. È un atto squisitamente spirituale,
l’unico che mi rivela e mi assicura della presenza
in me dello spirito di amore del Padre che Satana mi
ha egoisticizzato. È il genuino atto di presenza dell’amore
Paterno che è con me.
2) Quando me lo dà: me lo dà ogni qualvolta viene toccato
dall’esterno: dalle cose o dalle persone; e dall’interno:
dalle imago. Ogni tocco si tuffa nella pienezza dell’amore
egoisticale. A ogni immersione dei tocchi,
l’amore egoisticale mi dà prontamente e infallibilmente
il suo sentire. Quale: mi fa sentire se è per me o se è
contro di me.
3) Perché me lo dà: tutto l’amore egoisticale è stato posto
al mio servizio egoisticale, totale e esclusivo (è a mia
promozione e a mia difesa) = esclude il sacrificale che
non ha niente a che fare con l’egoisticale, e quindi esclude
metamorfosi presente per una vita futura. Quale servizio?
L’amore egoisticale opera la divinizzazione mia.
Io come Dio. Se è per me: sento che mi piace. Se è contro
di me, sento che non mi piace. Col sentire entra in
azione l’Agente egoisticale: lo Pneuma Paterno, che mi
scatena l’azione o della presa, o della eliminazione.
L’agire scatenato ottiene tutto il mio acconsentire.
4) Come trattarlo? Non si può bloccare il sentire, come
faccio con la presa non prendendo. Il sentire lo devo
spegnere, annullare, ridurre a nulla. È sicuramente una
impresa arditissima. Nessuno mi può sostituire: la devo
compiere io. Ieri era l’autorità dei genitori che efficace
ci bloccava la presa delle cose e delle persone, dal
momento che noi ci sentivamo piccoli nell’essere e nell’avere,
ma non potevano certo eliminarci il sentire.
Questo lo elimino io pneumaticizzato. Col visuato
Paterno mi è facile togliere la maschera al mio sentire.
La maschera è il piacere che sento. Come faccio?
Guardo sotto e vedo scorrere la morte dell’amore. Vedo
la fusione tra piacere e morte, e lo chiamo per nome: è
il piacere della morte dell’amore. Con la morte colpisco
il piacere, ed ecco annullato il mio sentire. Una
operazione che faccio solamente con l’amore sacrificale
che mi ha passato il Figlio. Annullando il sentire: è il
mio sacrificale attivo che elimina e presa e consenso.

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