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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Bene attualizzato: sia fatta la tua volontà sacrificale.
Incapaci di sacrificale attivo, il male che mi faccio
all’amore incontra quello passivo. Col passivo sciolgo il
male che il dolore mi fa solubile. Non il fideato, ma il
Visuato. Il piacere della morte dell’amore me lo trasforma
in dolore. Me lo sciolgo col passivo. Da chi viene?
Mentalità pagana. Cattiva sorte, il caso, il destino, la
fatalità, la sfortuna. Non così il Visuato mi dice.

Pneumatica magia quella del visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Al fare sacrificale ci si accosta pregandolo.
Quando pregate, voi dite: Padre nostro che sei nei cieli.
Preghiera sacrificale, da dire e da fare. Bene appellato e
collocato. Bene augurato e perorato; bene attualizzato: Sia
fatta la tua volontà sacrificale come in cielo così in terra.
È la volontà divina Paterna.
1) Vuole il sacrificale suo celeste: sacrificandosi con
volontà generazionale, lasciandosi sacrificare con
volontà ora fissativa ora assolutiva.
2) Vuole il sacrificale suo terrestre.
a) vuole il suo per volontà moritiva salvifica.
b) Vuole il nostro.
*) L’attivo: ‘Rinneghi se stesso’: colpisco il piacere dell’amarmi
con la morte dell’amore che vedo scorrere sotto
e spengo il sentire. L’incapacità a sviluppare il sacrificale
attivo lascia sviluppare una massa enorme di morte dell’amore.
Che fare? Si fa urgente il passaggio a quello passivo.
Il passaggio è possibile solo mediante il dolore.
a) Quello fideato non è più componibile per l’esaurimento
del fideato stesso: il cristiano non teme né
l’offesa fatta a Dio, né il suo castigo eterno.
b) Ci viene in aiuto quello visuato che mi si accende
quando vedo quella tragica morte dell’amore Paterno
che scorre sotto il piacere che sento.
Come faccio a trasformarlo in dolore? È possibile godere della
morte di chi mi ama? Godere della morte traduce il nostro pensare
e quindi le nostre convinzioni, ha sapore di un paganesimo
che ancora resiste nel popolo cristiano. Davanti a questi
sacrificali usiamo a spiegazione termini oscuri assai. Diciamo:
1) Il destino: ma non mi dice chi è che lo destina.
2) La cattiva sorte: ma non mi dice chi la fa uscir fuori.
3) La sfortuna: ma chi è la sfortuna? Forse la donna con
gli occhi bendati come la si raffigura?
4) Il caso: ma che forza è questa che fa succedere le cose
per caso?
5) La fatalità: ma che forza è quella che agisce senza un
perché e senza un fine?
Spiegazioni queste che ci ingoiano e ci divorano, e che ci
fanno convinti che tutto forma un grande caos in cui non vi è
traccia alcuna di razionalità. Questi termini vanno occupando
il posto lasciato vuoto dal fideato. Quel fideato che non ha
dubitato a comporre quel sicurissimo, verissimo, infallibile
detto proverbiale: ‘Non cade foglia che Dio non voglia’. Una
foglia che cade morta è un sacrificale vegetale di importanza
minima. E che importanza ha che un capello esca dal cuoio
capelluto? Proprio quella caduta la vuole il Padre. Il Visuato
ci dice molto di più e vuol farci vedere le varie forme che
assume la volontà Paterna per gestire tutto il sacrificale.

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